Tracmec delocalizza in Cina, 45 licenziamenti. Sciopero dei lavoratori: protestano Sindacati, PD e AVS

Doccia fredda da parte dei vertici del gruppo tedesco Bauer Group, in un incontro con i sindacati che avrebbe dovuto riguardare l’avvio delle trattative per il rinnovo dell’integrativo.
Ora i lavoratori della Tracmec di Mordano scioperano .La CGIL Imola: “Chiederemo il ritiro della procedura di licenziamento”


Quando i sindacati sono stati convocati per la trattativa sul rinnovo del contratto integrativo, hanno scoperto che l’azienda si era seduta al tavolo con in mano una procedura di licenziamento collettivo dei 45 dipendenti per trasferire la produzione in Cina e quindi chiudere direttamente lo stabilimento di Mordano. Una doccia fredda per i 45 lavoratori, che ora stanno scioperando. Le reazioni politiche:

Una decisione grave, ingiusta e inaccettabile, che colpisce duramente decine di famiglie. Un vero atto di dismissione industriale, fatto sulla pelle di chi ha costruito la crescita dell’azienda con anni di competenza e dedizione.A dirlo Stefano Moni, segretario generale CGIL Imola, sindacato che ora chiede il ritiro della procedura di licenziamento e l’apertura immediata di un tavolo per salvaguardare l’occupazione e il sito produttivo: “Serve la mobilitazione di tutti “ ha esclamato a margine del presidio odierno.

“Rafforziamo la richiesta già avanzata dal sindaco di Mordano Nicola Tassinari” – fa sapere il PD Imola – “di convocare al più presto un tavolo di crisi in Città metropolitana e ci affidiamo al nostro consigliere regionale Fabrizio Castellari, che già si sta muovendo in tal senso, per accelerare l’iter anche per una convocazione dell’azienda in Regione da parte dell’assessore al Lavoro, Giovanni Paglia. La salvaguardia dell’occupazione e il mantenimento del sito produttivo devono essere la priorità di tutta la comunità imolese, che chiamiamo a mobilitarsi in solidarietà dei lavoratori coinvolti anche con iniziative davanti ai cancelli dell’impresa.
Anche AVS Imola è intervenuta sulla vicenda, ritenuta una scelta “gravissima e inaccettabile” una decisione, quella di delocalizzare “intollerabile” – dal momento che – “ancora una volta una multinazionale ha scelto la delocalizzazione come scorciatoia per aumentare i profitti, sacrificando persone, territori e legami sociali.”