Skyline Caffé di Salonicco (seconda parte)
di Marcelllo Tarozzi
autore di Là città dei sogni – Racconti del nostro tempo
QUI POTETE TROVARE LA PRIMA PARTE
Lentamente, ma costantemente e impercettibilmente, lo Skyline continuava a girare. Da quando si era seduto, la struttura aveva probabilmente effettuato un quarto del suo percorso. Un uomo con una camicia di flanella bianca si era nel frattempo seduto a qualche tavolo di distanza da Alexis. Non che vi fosse qualcosa di particolare o di interessante in quell’individuo, ma Alexis non poté fare a meno di notare che, da quando aveva preso posto al tavolo, l’uomo non aveva fatto altro che fissarlo.
Quel tizio aveva capelli grigi e una barba di qualche giorno, ma non era in alcun modo trascurato nel suo aspetto. Si poteva anzi affermare che, nonostante un’età alquanto indefinibile e lo strano sguardo fisso su di lui, l’uomo emanasse un certo fascino. Mentre beveva un Martini, quello aveva continuato a mantenere lo sguardo su di lui. Forse era qualcuno che Alexis aveva conosciuto in passato e di cui non ricordava nulla. Il passato ci insegue, è continuamente parte di noi, ma come spesso capita, possiamo dimenticare anche una parte di noi stessi.
Ora Alexis poteva vedere bene le colline che proteggevano con la loro antica presenza la città di Salonicco; a quel punto un ricordo di una sera speciale ed indimenticabile si fece improvvisamente strada. “Baciami” aveva detto la donna mentre le sue braccia cingevano con decisione la sua vita. Quel viso così bello e dai tratti così profondamente marcati, quella pelle ambrata e quegli occhi grigi, avevano preso il sopravvento su Alexis. Non sarebbe stato possibile divincolarsi né dire di no a quella voce. Alexis voleva perdersi in quegli occhi perché aveva scelto di farlo. Un bacio dolce, due cuori che battevano all’unisono e tutto era accaduto in pochi attimi. La mente aveva portato a quel ricordo; negli ultimi tempi gli accadeva spesso di ritornare sulle colline, a quella notte con Maria, ma poi tutto svaniva come si era improvvisamente presentato; restava un sapore dolce amaro, quello del ricordo di un momento felice.
“Il signore con la camicia bianca le manda questo biglietto” aveva detto nel frattempo il giovane cameriere con un tono che nascondeva male una vena di curiosità. Alexis prese il pezzo di carta che era stato accuratamente ripiegato su se stesso. “Maria” Nel foglio c’era scritta solo questa parola: una singola parola che però conteneva già tutto e Alexis lo sapeva. Mentre l’uomo con la camicia di flanella bianca si avvicinava, non poté non notare che gli altri avventori del locale non c’erano più: né la coppia di stranieri, né la famiglia, né l’uomo che picchiettava il dito sul tavolo, né gli altri che avevano trascorso quello scorcio di mattina di luglio allo Skyline caffè di Salonicco erano più là.
Anche il giovane cameriere non si vedeva più. Forse aveva dovuto sbrigare qualche commissione che lo aveva portato in uno dei piani inferiori della torre. Non era importante, tutto andava come doveva essere perché lo Skyline continuava il suo lento ed inesorabile giro su se stesso: era a metà del giro e ora si vedeva chiaramente il mare sul quale le navi sembravano velocemente scivolare. “E se tutto girasse come lo Skyline? Te lo sei mai chiesto, Alexis?” Lui guardò l’uomo con la camicia di flanella. “Ma certo che te lo sei chiesto” l’uomo rispose a se stesso. “Chi sei?” chiese Alexis anche se la domanda sembrava posta più per formalità che per reale interesse. In quel momento guardò negli occhi grigi dell’uomo, ma non vi vide nulla se non se stesso, solo il riflesso del suo viso. “Perché mi poni questa domanda dal momento che conosci già la risposta? Io ti conosco molto bene, come d’altronde anche tu conosci me. Abbiamo camminato insieme per lungo tempo” un sorriso beffardo solcò il viso dell’uomo con la camicia di flanella e i capelli grigi. Anche in quel momento, con l’uomo di fronte a lui, non era in grado di attribuirgli una età, un momento poteva sembrare un uomo di mezza età e il secondo successivo un suo coetaneo.
A dir la verità anche il viso non sembrava sempre lo stesso: era come guardare un’immagine riflessa nell’acqua. Il corpo riflesso era là, di fronte a lui, ma l’immagine pareva non essere così chiara da potere essere descritta con accuratezza. Tutto era così sfumato nella mente di Alexis, eppure lui non sembrava spaventato da quella situazione. Sentiva dentro di sé un senso di calma e pace, forse dalla prima volta da quando Maria se n’era andata. “Lei può tornare, se lo vuoi” disse ad un certo punto l’uomo con la camicia di flanella mentre i tratti del suo viso sembravano quasi danzare come le dolci onde dell’Egeo. Mentre tutto ciò aveva luogo, lo Skyline continuava a muoversi inesorabilmente. Ora si poteva scorgere una parte del lungomare della città.
(La terza ed ultima parte del racconto sarà pubblicata la prossima settimana)
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