Il 22 novembre ricorreva il 61esimo anniversario della morte di John Fitzgerald Kennedy.
Già poco tempo dopo la sua morte si iniziò a capire che ciò che veniva strenuamente raccontato non corrispondeva esattamente alla realtà: nel rapporto di quasi 1000 pagine della Commissione Warren, tutti si soffermarono sulle conclusioni sul volume che conteneva le tesi della commissione. Accanto a questo, erano presenti 26 altri volumi, a caratteri quasi minuscoli, che contenevano tutte le testimonianze raccolte dalla Commissione. Un lavoro minuzioso. Tutti gli ingredienti per ricostruire una storia molto diversa da quella che si era poi deciso di divulgare. E già allora, emergeva che il Presidente Kennedy non era stato ucciso da un pazzo isolato, ma era caduto vittima di un complotto ben orchestrato. Nei volumi ci sono le prove dei legami tra Lee Oswald, Jack Ruby e la mafia. Proprio il mafioso Jack Ruby, confessò che il pomeriggio precedente al delitto era andato a parlare col petroliere Harold Lafajette Hunt, un uomo di destra che odiava Kennedy per via delle sue promesse di aumentare le tasse ai petrolieri e per aver tradito il suo iniziale percorso politico che era quello di un conservatore.
Ancora oggi, la tesi originaria non sta ovviamente più in piedi e anche recentemente Robert Kennedy Junior ha dichiarato di avere le prove di un coinvolgimento della CIA.

L’EREDITA’ POLITICA – da L’Unità del 22 novembre 1988, di Gianfranco Corsini

Chiunque era vivo all’epoca, ricorda cosa stava facendo quando Kennedy moriva. Togliatti, una volta saputa la notizia dell’attentato, sembrava ancora sbalordito, oltre che allarmato. In un periodo di grandi tensioni, di guerra fredda, nonostante la crisi dei missili di Cuba, nella nuova atmosfera creata da Krusciov e da Papa Giovanni I, l’America di Kennedy incominciava a sembrare diversa. Il giovane presidente stava impersonando quello che si era proposto: un nuovo tipo di americano, che doveva essere reinterpretato tutto da capo, senza più nessun riferimento alle vecchie immagini, stereotipi e aspettative. Negli Stati Uniti, nonostante la televisione avesse mostrato per la prima volta nella storia l’assassinio del loro presidente, aveva annullato tutta la programmazione. Una intera nazione si era fermata. A guardare per oltre cento ore dopo la morte, le immagini di quell’attentato, sbalorditi, come in un dramma collettivo che si rappresentava dinnanzi ai loro occhi. E di conseguenza, le riflessioni e le interrogazioni sul proprio futuro si facevano incalzanti, in un crescendo angoscioso. Già diversi anni fa, se non quasi subito dopo l’attentato, emerse un’immagine inquietante dell’America. Un’America che negli anni è cambiata ma forse non migliorata, il difficile recupero dell’eredità politica di Kennedy, un’america alla quale il giovane Presidente voleva dare un volto e una speranza, forse disattesi. Il significato piu profondo della presidenza di JFK nella sua storia, oltre alle sue parole che hanno colpito una nazione, in 1000 giorni il bilancio resta ancora oggi imponente. Sopratutto se si considera quello che ha reso possibile dopo di lui. I rapporti con l’URSS, quelli tra le razze, l’esigenza di mantenere il debito pubblico e la stabilità dei prezzi sotto controllo, uguali diritti per tutti. La conquista dello spazio, l’eliminazione dei pregiudizi religiosi dalla vita politica, l’aiuto del Governo a programmi per l’educazione universitaria, la promozione delle arti, la vendita dei prodotti all’URSS, l’esigenza di una tv pubblica.”