Ha dell’incredibile la vicenda della morte del Comandante Leandro. Al secolo Dante Forni, nato a S.Giovanni in Persiceto e militante nella 36° Brigata Garibaldi ‘Bianconcini’, morì accidentalmente per le ferite provocate nell’attacco partigiano a un gruppo di tedeschi (dove morì anche una bambina sfollata) era il 18 settembre 1944, Dante aveva 22 anni.

LA STORIA

  • la vicenda è stata ricostruita in base alle testimonianze pubblicate nei libri di Leonardo Ardiccioni e in un libro di Pier Carlo Tagliaferri, che si basano sulle ricostruzioni dei testimoni oculari

18 settembre 1944. Nel tardo pomeriggio, al Carpinaccio, si presenta un gruppo di tedeschi ormai stanchi e sfiduciati, a detta di qualcuno, consapevoli che la loro esperienza di soldati in Italia si sarebbe conclusa con un insuccesso. Ancora armati di moschetto, bomba a mano e una carabina, sulle spalle avevano i loro zaini, chiesero ospitalità a Mengarino e Giuseppa, due benestanti del luogo. Nel frattempo, i sei uomini iniziano a lavarsi in una vicina pila dell’acqua. A detta dei presenti sono tranquilli, c’è anche chi si fa la barba. Dopo essersi rinfrescati, si accomodano a tavola per rifocillarsi. A casa di Mengarino era tuttavia sfollata la famiglia di Achille Tonini, proveniente da Pietramala.
C’erano quindi Achille e la moglie Nella, il figlio maschio di 13 anni, la figlia grande di 8 e una simpatica quanto gioviale bambina di sette, sordomuta. Il più anziano tra i commilitoni tedeschi, sulla cinquantina d’anni, inizia a giocare con la bimba mentre è seduto a tavola, forse preso da un moto di nostalgia per i suoi tre figli che non vedeva da tempo e non sapeva come stavano.

IL BLITZ

I 6 tedeschi non sanno però che qualche ora prima, mentre stavano discendendo il Peglio, erano stati avvistati da un gruppo di partigiani della Stella Rossa, che erano corsi ad avvertire i compagni a Bordignano. All’imbrunire, i partigiani, anch’essi armati di tutto punto, si dirigono al Carpinaccio. Fanno irruzione a casa del Mengarino, non esitando a fare fuoco sui tedeschi ancora a tavola e che non fanno in tempo a reagire. Ne uccidono due, ma feriscono mortalmente per errore anche la piccola Rosa Tonini, la bimba che si trovava in braccio al tedesco più anziano. Nella concitazione del momento, gli spari dei partigiani colpiscono uno dei loro: il Comandante Leandro, apostrofa così suoi “siete compagni di merda” (testimonianza del nonno di Riccardo Tonini che, nascosto in un fosso poco distante, sentì quelle parole ).

Il gruppo di partigiani decide di ritirarsi al Mulino di Castiglioncello dove Elio Antonelli di Moraduccio (Negus) aveva fatto organizzare una base partigiana. La ferita, in un primo momento, non sembra particolarmente grave: i compagni aiutano Dante Forni (Leandro) nell’impervio percorso che li separa dal pendio dove sorge Castiglioncello. Nel tratto Leandro perde moltissimo sangue. Giunto al Mulino, vi muore il 20 settembre, poco meno di due giorni dopo.
Una lapide, posta nel vecchio mulino del borgo fantasma, ricorda il suo sacrificio