Rapinatori o terroristi? I fratelli Savi hanno goduto di una rete di protezione illustre? Dietro alla Uno Bianca c’erano solo la “targa e i fanali” o vi è stato un secondo livello fatto di coperture esterne?
Hanno seminato il terrore tra Emilia- Romagna e Marche dall’87 al ’94 con un bilancio di sangue di 24 vittime e 102 feriti.
La Procura di Bologna ha recentemente aperto un fascicolo per concorso in omicidio, a carico di ignoti, dopo un esposto proprio dei parenti delle vittime (250 pagine depositato alla Procura di Bologna, alla Procura nazionale Antiterrorismo e per conoscenza a quella di Reggio Calabria) Associazione dei familiari che ritiene come i Savi fossero una costola di un disegno più ampio ed eversivo, a matrice terroristica, di cui avrebbero fatto parte altri complici e registi occulti
i cui nomi non sono mai emersi. Delitti che, secondo l’avvocato dei familiari delle vittime, Alessandro Gamberini, sarebbero sganciati dalla sola finalità di lucro ed esplicitamente perpetrati con vere e proprie modalità terroristiche.
Uno dei punti più in ombra della scia di sangue della Uno Bianca è il duplice omicidio di Castel Maggiore, dove morirono i due carabinieri Umberto Erriu e Cataldo Stasi. Qualcosa non torna nell’agguato del 20 aprile 1988.
“Si presume che qualcuno abbia mandato i Carabinieri nelle braccia dei propri assassini”.
Non si nasconde nella sua denuncia Michele Stasi, fratello del militare ucciso nell’eccidio di 36 anni fa, al Tg Rai regionale. In effetti ad oggi non è stato chiarito chi abbia chiamato via radio i due agenti per indirizzarli nel luogo dell’omicidio, la Coop di Castel Maggiore, luogo dove si trovavano i fratelli Savi in attesa di rapinare il punto vendita. Nell’ordine di servizio i due Carabinieri avevano appuntato una serie di sopralluoghi: mentre erano in sosta a un passaggio a livello però ricevono un’improvvisa chiamata via radio, che li spinge a fare inversione dirigendosi a velocità elevata e con i lampeggianti della sirena accesi, proprio in direzione della Coop di Castel Maggiore, luogo dove verranno freddati dai Savi. Erriu e Stasi, giunti nel piazzale iniziano a ispezionare le auto parcheggiate con il lampeggiante. Si è trattato di una trappola? I Savi si trovavano in una posizione da cui avrebbero dovuto tener d’occhio il furgone portavalori che però, come ha spiegato l’avvocato Gamberini alla Rai“tutti i giorni passava ma un’ora e mezzo prima” – mezzo che – “da quel luogo non lo si vedeva ne tantomeno all’ora in cui sono stati uccisi“.
Proprio da quel parcheggio poco distante dalla Coop, la sera del 20 aprile 1988, c’erano sì i fratelli Savi ma al volante della Uno Bianca c’era un uomo che incrociò lo sguardo con un teste. Una persona il cui volto non corrispondeva affatto a quello dei Savi.
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