Imola. Alla fine non hanno tenuto. La siccità, il caldo prolungato e forse qualche scelta non del tutto idonea hanno fatto sì che arrivasse la prima vittima illustre dei cosiddetti boschi urbani . Si tratta del recente polmone verde di Via San Benedetto, finito di piantumare appena l’anno scorso nell’area che abbraccia la palestra Ravaglia e che lambisce la bretella.
Sono ben 150 gli arbusti venuti meno che nei prossimi mesi dovranno essere ripiantati: infatti, le protezioni di plastica poste attorno agli alberelli sono state contrassegnate con delle “X” rosse, che indicano la seccatura del fuscello. L’attenzione di moltissimi cittadini, che ci hanno scritto, è stata recentemente attratta da questo piccolo quanto sconcertante “cimitero di alberi”: una legittima preoccupazione che ora si concentra sulle condizioni degli altri boschi urbani più recenti, che potrebbero rischiare la stessa sorte.
MANCANZA DI ADEGUATA CURA E MANUTENZIONE?
La vicenda ruota tutta sulla scelta di privare dell’irrigazione la nascitura forestazione di Via San Benedetto, intervenendo con acqua soltanto con “eventuale irrigazione di soccorso delle piantine mediante aspersione”.
Dunque, nel progetto emerge l’aggettivo “eventuale” per di più al singolare, quindi il numero della stessa dipende molto dalla stagione: può forse bastare una sola irrigazione di “soccorso” in mesi tanto caldi? E a discrezione di chi? Qualcuno doveva fare manutenzione e non l’ha fatta?
Sorprende come in un progetto del genere l’importante studio dedicato all’irrigazione trovi spazio come un intervento “eventuale” (dal dizionario – Che può avvenire o no secondo gli eventi, quindi possibile, incerto, casuale) senza un programmazione periodica: un presidio costante delle condizioni dei boschi è stato messo in campo? Questo appare l’interrogativo al quale al momento non è ancora stata trovata risposta.
In precedenti piantumazioni, riuscite col medesimo modus operandi, talvolta gli alberi sono sopravvissuti grazie prevalentemente a pioggia estiva, ad esempio nel 2018, superando così i primi tre anni più delicati in cui ancora non si è formata radice in profondità nel terreno.
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Se da un lato è stata fatta la scelta di non irrigare, almeno all’inizio, dall’altro si pone l’interrogativo sulle scelte del tipo di arbusti idonei per non trovarsi nei prossimi anni a dover far fronte ad un rischio deforestazione. Bisogna pensare a nuove specie arbustive tipiche della macchia mediterranea? Per abbassare la CO2 occorre piantumare alberi idonei e farlo in fretta. Alberi che possano essere adatti alla nuova situazione climatica.
È vero, uno stress idrico così le piante a Imola e nella pianura Padana non l’avevano mai visto: un caldo anomalo, aggressivo e prolungato capace di far seccare non solo le piante piccole: guardiamo i frassini di Via San Benedetto, stanno accartocciando la foglia! I pioppi sono a rischio ogni anno. Insomma, le nostre piante non ce la fanno più. Siamo costretti a ripensare a un nuovo tipo di alberatura idonea al territorio, che non siano certo dei carpini, ad esempio.
Abbiamo il pino marittimo, albero bellissimo ma mal visto dalla popolazione per via delle sue radici che rovinano strade e marciapiedi. Oppure il leccio, E’ una specie poco esigente, in grado di sopportare condizioni di siccità prolungate e si adatta a tutti i substrati geologici.
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