E’ un mistero il mancato finanziamento dei Piani Speciali da parte del Governo: ancora nessuna notizia del piano di opere proposte dalla Regione dopo l’alluvione del maggio 2023, con la data di approvazione prevista inizialmente a giugno 2024. Slittata a fine estate 2024 e trascinata fino in autunno, con un incontro, considerato quello decisivo di fine ottobre scorso, che non aveva sorprendentemente portato, neanche questa volta, a nessun risultato. I Comuni romagnoli avevano poi fissato una data per inizio del mese di novembre ma anche in quest’occasione era stata “fumata nera”. Nel frattempo, le fragilità del territorio romagnolo permangono, tra casse di espansione incomplete e una lunga lista di opere da realizzare.
Ritardi giustificati forse da una preoccupante indisponibilità finanziaria da parte del Governo? Un maxi-piano da 4,5 miliardi per opere da realizzare nei prossimi due lustri tra invasi, casse di espansione e lavori per la difesa delle aree urbane, realizzazione e sistemazione arginature. La Regione aveva poi proposto di garantire i finanziamenti quantomeno per le opere più urgenti: un pacchetto da 800 milioni, con lavori già dal prossimo anno. Al momento, anche in questo caso, nessun semaforo verde da Roma.
I PIANI SPECIALI , 400 ABITAZIONI A RISCHIO DELOCALIZZAZONE
Nel ‘Piano Speciale’ di interventi del dopo alluvione ci sono anche le famose casse di espansione, l’arretramento delle arginature ma anche aree per la tracimazione controllata. In tutte queste previsioni di opere, prenderebbe forma l’ipotesi di alcune delocalizzazioni. Si parla, al momento, di circa 400 unità. Questa sorta di “Piano Marshall” per tentare di mettere in sicurezza la Romagna nei tempi più brevi possibili, attende il semaforo verde del Ministero dell’Ambiente. Sarà verosimilmente terminato nei prossimi anni, impattando inevitabilmente su una parte di abitazioni.
Nel frattempo, a Bologna, ha avuto luogo un summit sui Piani Speciali, tra Autorità di bacino, Ministero dell’Ambiente e Struttura commissariale per definire un elenco di priorità e strutturare un finanziamento per 870 milioni (all’interno del Piano Speciale preliminare).
I Piani speciali, messi a punto dalla Regione con tutti i soggetti interessati, non avrebbero ancora la copertura finanziaria da parte del ministero dell’Economia e della Finanza. Adesso si tratta di trovare i soldi almeno in maniera parziale per poter avviare le prime opere. Figliuolo vorrebbe concretizzare e il piano ha un orizzonte strategico sul medio-lungo termine. Si tratta di mettere davanti le priorità. E quindi è stato chiesto a Regione e Autorità di bacino di individuarle. In campo si potranno mettere tutte le deroghe per snellire la fase di autorizzazione che vanno sfruttate bene dai soggetti attuatori. Tra gli interventi ci sono casse di espansione, interventi di laminazione, di rimodellatura degli argini: serve sinergia tra istituzioni locali, in particolare circa le problematiche con i privati.
DELOCALIZZAZIONE
Su 1.500 edifici analizzati dall’Autorità di bacino distrettuale del Po, 400 sarebbero da delocalizzare. Come ha ricostruito il direttore generale Cura territorio di viale Aldo Moro, Paolo Ferrecchi “non tanto legate al danno subito, ma a una mappatura che chiarifichi il quadro dei rischi. L’atteggiamento è prudente anche perché non c’è la copertura finanziaria per gli edifici con danni minimi, ma in alcuni casi non ci sono alternative” Ferrecchi ha poi sottolineato come la gestione di montagna e collina “va ripresa, l’abbandono aggrava il dissesto”.
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