A Roma un’installazione per raccontare il prezzo della crisi climatica
“Gli eventi climatici estremi sono sempre più frequenti e devastanti, in Italia e nel resto del mondo. E si abbattono su un territorio fragile e sempre più sfruttato. Ce lo dimostra la tragedia della recentissima alluvione di Valencia in Spagna, ma anche le città allagate e i paesi spazzati via da acqua e fango dell’Emilia-Romagna, colpita solo negli ultimi 18 mesi da quattro eventi climatici estremi. Eventi estremi che si manifestano in molti modi: alluvioni, ondate di calore, siccità. E in tutte le parti del mondo, senza lasciare nessuno al sicuro.”
“E mentre intere comunità fanno i conti con il dolore e con le perdite subite, i leader politici si incontrano alla COP29” – fa sapere Greenpeace – “proprio per discutere di come porre un freno alla crisi climatica e aiutare le persone e i territori ad adattarsi a un clima che sta già cambiando. La Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima si terrà infatti dall’11 al 22 novembre a Baku, in Azerbaijan, e in quell’occasione Greenpeace si impegnerà per ottenere risultati concreti e ambiziosi nelle negoziazioni internazionali, ma anche per denunciare le responsabilità di chi continua a investire in petrolio, gas e carbone, alimentando la crisi climatica.”
Le testimonianze delle persone colpite dall’alluvione in Emilia-RomagnaPlayDaniele, Selua e Augusto raccontano in prima persona l’impatto dell’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna a settembre 2024. Tre storie diverse, ma accomunate dalla stessa realtà: la perdita di ciò che si ha di più caro e la sfida di dover ripartire daccapo”
La crisi climatica in mostra, per dare voce alle sue vittime
“Quando gli eventi climatici estremi devastano le comunità e i luoghi in cui viviamo, emerge con forza la questione di chi sosterrà il costo di tutto questo. A questo interrogativo proviamo a rispondere con un’installazione ideata e curata dall’artista Alessandro Calizza per Greenpeace, dal titolo evocativo “E ora chi paga?”.
L’installazione “E ora chi paga?” a Piazza Vittorio, RomaNext
L’installazione è stata creata con gli oggetti recuperati dopo le terribili alluvioni che si sono abbattute su Traversara (Ravenna), nel settembre 2024, e sullo stato brasiliano del Rio Grande do Sul, ad aprile e a maggio 2024. Si tratta di oggetti di uso quotidiano, presenti in molte della nostre case, ma usati per ricreare uno showroom che svela il vero costo della crisi climatica: gli impatti sull’ambiente e sulla salute, i danni economici, e soprattutto le vite delle persone direttamente colpite, che con le loro testimonianze all’interno dell’installazione ci raccontano la loro drammatica storia.
In entrambi gli eventi estremi che hanno colpito l’Emilia-Romagna, volontarie e volontari di Greenpeace sono intervenuti a sostegno delle persone colpite dalle alluvioni.
Vite, territori e comunità spezzate. Le persone pagano, ma i veri responsabili no
«L’installazione “E ora chi paga?” vuole attivare un cortocircuito che porti le persone a riflettere con rinnovata attenzione su temi che troppo spesso passano in secondo piano sia sui grandi media che nel nostro quotidiano» spiega Alessandro Calizza, artista e autore dell’installazione. «Allestiti in un tragico showroom, gli oggetti recuperati si animano, parlano, raccontano la loro storia e il destino delle vite che simboleggiano. A grandi lettere puntano il dito contro governi e multinazionali, gli impuniti responsabili di tutto ciò, e ci ricordano che i disastri climatici hanno un costo, ma che siamo noi a pagarlo».
«Siamo noi a pagare il prezzo della crisi climatica, talvolta con la vita o con la perdita di persone care, di ricordi, di patrimoni culturali, di legami con la nostra casa e con le radici che ci connettono alle nostre comunità» aggiunge Federico Spadini, campaigner Clima di Greenpeace Italia. «A pagarne il prezzo dovrebbero invece essere i veri responsabili: i governi, come quello italiano, che fanno di tutto per rimandare la transizione ecologica di cui abbiamo urgente bisogno, e le grandi aziende del petrolio e del gas, come ENI, che continuano ad alimentare il disastro climatico con le loro emissioni fuori controllo».