La Romagna ancora sott’acqua. In 48 ore sono caduti 350 mm di pioggia, segno inconfutabile che il cambiamento climatico non è un’opinione degli ambientalisti.
Ma non è solo il clima il responsabile del disastro: troppo cemento e una concezione dell’uso del territorio che va radicalmente cambiata. A dirlo è LEGAMBIENTE Emilia-Romagna.
Tra il 18 e il 19 settembre sono caduti sulla Romagna 350 mm di pioggia, praticamente 350 bottiglie da un litro al metro quadro, causando l’esondazione di 4 fiumi, l’allagamento di diversi Comuni e frazioni e circa 1000 persone sfollate.
Impatti fortunatamente meno gravi di quelli del 2023 (allora si trattava di 21 fiumi esondati, 22 corsi d’acqua che avevano superato il livello 3, centinaia di frane che avevano coinvolto 48 comuni, allagamenti in 37 comuni, più di 20.000 sfollati e 17 morti), nonostante l’acqua caduta la scorsa settimana sia più di quella caduta in occasione dei due eventi di maggio 2023 messi insieme.
A differenza del maggio 2023, infatti, questa volta il terreno è riuscito ad assorbire molta parte delle precipitazioni, e la prevenzione – in particolare il sistema di allerta – ha funzionato. Per questo gli allagamenti sono stati meno estesi, sebbene comunque violenti, e al momento non si contano vittime.
D’altra parte, i climatologi di ARPAE lo stanno dichiarando da molto tempo: a causa dei cambiamenti climatici in corso, nella nostra regione il regime delle piogge è cambiato e per questo sono da prevedere eventi di precipitazione intensa in particolare nel periodo autunnale e primaverile, e periodi siccitosi in inverno e estate.
Le cause del cambiamento climatico sono note a tutti, ma ciononostante nel nostro Paese e nella nostra Regione continuiamo ad investire nel fossile: il gasdotto “Linea Adriatica”, il rigassificatore e l’impianto di cattura e stoccaggio del carbonio a Ravenna, la costruzione di nuove infrastrutture viarie che andranno ad incrementare l’uso dell’auto privata… E non sono i soli esempi che si potrebbero portare.
Ma la colpa non è solo del clima che cambia. Le foto che arrivano dai nostri territori colpiti dalle alluvioni ci restituiscono con plasticità la realtà di un suolo troppo impermeabilizzato, di fiumi rettificati e costretti da argini sempre più alti, di edifici costruiti in aree golenali, tutti tasselli che sono concausa della fragilità del territorio della nostra regione. Esondazioni, alluvioni, frane, saranno quindi eventi sempre più frequenti e che dovremo dimostrare di essere capaci di prevenire per rendere il nostro territorio sicuro e resiliente.
Il meritevole rapporto sugli eventi meteorologici pubblicato dalla Commissione tecnico-scientifica della Regione Emilia-Romagna il 12 dicembre 2023 oltre a fare chiarezza sulle motivazioni che hanno portato alle alluvioni, indicava già alcune raccomandazioni circa gli interventi strutturali e non strutturali che sarebbe necessario realizzare, tra cui delocalizzare gli edifici posti in aree a rischio, aumentare lo spazio di divagazione dei corsi d’acqua, eliminare dove possibile le rettificazioni, migliorare la gestione del verde lungo le sponde. Raccomandazioni condivisibili che ricalcano in buona parte ciò che Legambiente Emilia -Romagna sostiene da anni, come nel caso delle casse di espansione del fiume Lamone (https://www.legambientefaenza.it/alluvione-romagna-2023/2023/06/un-lontano-studio-sulla-laminazione-delle-piene-del-lamone/).
La polemica politica a cui abbiamo assistito nei momenti immediatamente successivi all’alluvione, oltre ad essere istituzionalmente sbagliata e inopportuna, non aiuta le persone che per la terza volta, a distanza di poco più di un anno, stanno spalando il fango nelle proprie case e dovranno affrontare nuovamente la ricostruzione delle proprie abitazioni.
Il siparietto delle reciproche accuse alimenta solo una rabbia e una disaffezione che non giova a nessuno, mentre quello che deve essere fatto è lavorare di concerto, offrendo ai territori soluzioni credibili e strutturali.
Fra pochi mesi andremo alle elezioni ed è necessario che chi governerà questa regione si dia come priorità la cura del territorio attraverso azioni credibili di mitigazione della crisi climatica e di adattamento agli eventi estremi che purtroppo dovremo affrontare. Una priorità di tale urgenza, da non ammettere tattiche elettorali, né alibi politici. Ad essere in gioco sono la vita delle persone e la tenuta di una comunità.
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