“La legge rammenta infine che il taglio o la rottura degli argini e dei ripari sono considerati attentati criminosi e sono puniti nei termini della legge penale.“
Vediamo perchè:
La tracimazione o sormonto arginale è da imputarsi all’insufficiente altezza dell’argine, dovuta ad eccessivo assestamento, scarsa manutenzione, o ad una altezza di piena imprevista, ovvero anche a fenomeni di subsidenza cagionata da eccessivi prelievi di acqua e/o gas dal sottosuolo.
Si può evitare costruendo rapidamente sopra l’argine presso il giglio interno un arginello provvisorio (soprassoglio) con terra o sacchi di terra e addossandovi esternamente altra terra battuta. In mancanza di altre possibilità si può arare la sommità dell’argine per formare un rialzo verso il ciglio interno, ed assestarlo. Passata la piena, bisogna provvedere ad un rialzo stabile dell’argine, allargandolo adeguatamente ed ammorsando bene alla parte vecchia la nuova;
Il sormonto per sifonamento attraverso cavità nel corpo arginale (dipendenti da radici putrefatte, scavi di talpe ecc.): tali da determinare fontanazzi tanto più pericolosi quando l’acqua che fuoriesce si mostri torbida, denotando cioè l’asportazione di terra dall’argine. La creazione dei fontanazzi, prima che si raggiunga la condizione critica, è preceduta da manifestazioni di premonizione (presenza di acqua affiorante, rigonfiamento del terreno, rumorosi sfiati di aria, ecc.).
In questo caso è indispensabile urgentemente circondare il fontanazzo con un arginello formato di sacchi di terra e terra addossata ad essi, di sufficiente altezza, per rendere limpido il fontanazzo rallentando cioè il flusso che lo determina e arrestando così il processo distruttivo dell’argine.
Provvedimenti definitivi potranno poi consistere in rinfianchi dell’argine e diaframmi di argilla, o di calcestruzzo, eseguibili secondo vari procedimenti.
La frequenza dei sifonamenti si è particolarmente intensificata in questi ultimi anni per lo sviluppo incontrollato delle nutrie. E’ necessario quindi provvedere con l’installazione sul versante a campagna dell’argine di reti metalliche bloccate al piede da un gabbione cilindrico riempito di pietrame [Da Deppo et al. 2011].
Lo sfiancamento a campagna per troppa imbibizione è dovuta ad una piena prolungata (spesso con l’aggravante di prolungata e intensa pioggia), così da diminuire l’attrito delle terre potendo far smottare specialmente la spalla dell’argine. In genere ha origine sul lato a campagna di un argine per l’insufficienza delle sue dimensioni trasversali. Per dare all’argine una maggiore consistenza, giova rinfiancarlo prontamente nelle località minacciate con una banca (di terra o sacchi di terra), salvo poi eseguire il necessario rinfianco definitivo;
L’erosione del corpo arginale a fiume può verificarsi durante le piene quando la forza della corrente che lambisce la superficie dell’argine supera la resistenza del materiale terroso che forma l’argine. Questa è in genere molto bassa e può essere rinforzata mediante rivestimenti erbosi, pietrame, lastre di calcestruzzo, ecc. L’arresto o la limitazione del fenomeno richiede interventi tempestivi, mediante le ciuffate, gettate di sassi o la stesa di teli di plastica. Altrimenti il franamento progressivo dell’argine a fiume a rapida evoluzione con la conseguente esondazione [Da Deppo et al. 2011].
Lo sfiancamento a fiume può verificarsi in caso di riduzione del livello della piena successivo alla fase acuta, soprattutto se questa si è prolungata nel tempo, nei tratti di pianura dei grandi fiumi, a causa anche dell’alta marea che può rallentare un rapido deflusso a mare delle acque. La saturazione del terreno arginale e la contestuale assenza di spinta idrostatica dell’acqua del fiume provoca uno squilibrio con conseguente possibile instabilità.
Lo scalzamento al piede di argini in froldo può essere causato in assenza di golena, corrosa dalla corrente. Gli interventi in questo caso sono difficili, soprattutto per la difficoltà di rendersi conto in tempo utile del fenomeno. Non è facile infatti individuare sotto acqua l’ubicazione di una corrosione. La torbidità più intensa dell’acqua affiorante in superficie può essere un indizio; e allora conviene esplorare o scandagliare la parte corrosa [Marzolo, 1963].
La chiusura di una rotta, alla quale sia seguita una esondazione, richiede una serie di interventi.
Anzitutto è necessario fermare o rallentare, per quanto possibile, l’esondazione. Va inoltre predisposta con urgenza una adeguata illuminazione del sito della rotta e delle previste piste di accesso, utilizzando la rete elettrica pubblica e gruppi elettrogeni in numero appropriato. Il contenimento urgente dell’esondazione si ottiene generalmente con la formazione di un argine d’emergenza o coronella, in pietrame, così denominata per la sua forma ad “U”, che cinge la rotta, preferibilmente a campagna, intestandosi in posizioni arretrate sui due labbri, in modo da interferire né con la corrente né con i successivi lavori di ricostruzione. Il pietrame della coronella potrà essere utilizzato, con la ricostruzione dell’argine, al piede della scarpata a fiume come protezione del rilavato [Da Deppo et al. 2011].
La tutela delle arginature
Le attività o gli interventi che possono svolgersi o farsi in prossimità delle arginature in prossimità delle arginature fluviali sono da considerare con particolare cura per evitare che da essi possano derivare danni alla struttura o che possano instaurarsi processi con evoluzioni pericolose in caso di piena.
La materia, tradizionalmente regolamentata dalla normativa statale, negli ultimi anni è stata aggiornata e rivista da leggi e regolamenti regionali, conseguenti al decentramento delle competenze dalla Stato alle Regioni. In ogni caso i riferimenti fondamentali rimangono le leggi statali, che quasi tutte le Regioni hanno mantenuto in pieno vigore.
Negli ultimi anni anche le Norme dei Piani di Bacino, attuati ai sensi della legge sulla difesa del suolo n.183 del 1989, contengono specifiche regolamentazioni sulla tutela delle aree di pertinenza fluviale e sulle arginature .
Il Testo Unico del 1904 tratta dei fiumi, dei torrenti, e dei laghi e contiene le disposizioni relative alle opere idrauliche di ogni categoria, tra cui gli argini e le altre opere che riguardano il regime delle acque pubbliche, la navigazione fluviale, il trasporto di legname, la polizia delle acque pubbliche, ecc.
iumi.
Sono ancora vietati: le piantagioni sulle alluvioni delle sponde e delle isole, salvo le autorizzazioni dell’Ufficio del Genio Civile, sul piano e sulle scarpe degli argini, loro banche e sottobanche, le fabbriche, le fabbriche e gli scavi lungo fiumi, torrenti e canali navigabili, il pascolo sugli argini.
Per quanto riguarda il lato a campagna delle opere idrauliche longitudinali, la norma impone il divieto di realizzare piantagioni di alberi e siepi, fabbriche, scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle varie località, e comunque a distanza minore di quattro metri per le piantagioni e smovimento del terreno e di dieci metri per le fabbriche e gli scavi.
Su tale argomento, ad esempio, nelle provincie venete di competenza del Magistrato alle Acque fin dal XIX secolo vigeva il “Regolamento Ansaldi” che prevedeva limiti delle distanze arginali leggermente differenti da quelli generali. Il Regolamento, parzialmente aggiornato negli anni 1926, 1936 e nel 1981, è rimasto in vigore fino al trasferimento delle competenze idrauliche del Magistrato alle Acque alle Regioni [Rusconi, 2013].
Il testo Unico 523 descrive quindi le opere e gli atti che non si possono eseguire se non con speciale permesso dell’ingegnere capo del Genio Civile e sotto l’osservanza delle condizioni imposte dal medesimo, tra cui l’estrazione di ciottoli, ghiaia e sabbia, salvo quei casi in cui tale prelievo si attua per “invalsa consuetudine”, ma anche in questo caso, comunque, l’Autorità amministrativa può limitarli e proibirli per la tutela del regime delle acque.
La legge rammenta infine che il taglio o la rottura degli argini e dei ripari sono considerati attentati criminosi e sono puniti nei termini della legge penale. Non è infrequente infatti, soprattutto durante le grandi piene fluviali, che gli abitanti di una sponda del fiume, in situazioni di pericolo di esondazione o sfondamento delle arginature, nutrano la “speranza” che a cedere sia l’argine dell’altra sponda; purtroppo tale speranza si è verificata in alcune tristi circostanze del passato, con le ovvie drammatiche conseguenze.
Il Regolamento sulle opere idrauliche di 1^ e 2^ categoria (R.D. n.2669/1937) rappresenta la logica continuazione del ricordato Resto Unico n.523/1904. Le arginature sono state suddivise intronchi di guardia e tronchi di custodiacui sono preposti rispettivamente gli Ufficiali Idraulici ed i Sorveglianti Idraulici. L’Ufficiale Idraulico deve percorrere l’intero tronco almeno una volta alla settimana, salvo i casi straordinari; deve altresì controllare i canali di scolo, i manufatti e in generale anche le opere private, deve vigilare le attività dei sorveglianti e dei manovratori in genere, deve infine accorrere sul sito in caso di notizie di guasti o di danni alle opere; se egli è addetto ai servizi di bonifica deve perlustrare l’intero settore ogni settimana, e ogni quindici giorni anche di notte.
Il decreto descrive con estrema puntualità gli adempimenti degli Ufficiali Idraulici (coadiuvato dai Sorveglianti) durante le visite ordinarie e straordinarie, sia di natura tecnica, come i rilievi, le registrazioni e i compiti di vigilanza tecnica connessi con la direzione dei lavori in corso e che di norma vengono a lui affidati, sia di natura amministrativa, dovendo essi tenere tutte le scritture contabili dei cantieri aperti lungo il fiume, sia infine di natura repressiva, avendo essi il dovere, in qualità di ufficiali e/o agenti di polizia giudiziaria, di accertare le contravvenzioni alle norme di polizia idraulica, di navigazione e delle opere di bonifica, trasmettendo il relativo verbale, entro 24 ore dall’accertamento, all’ingegnere capo del Genio Civile.
Regolamento dispone quindi il servizio di piena. Spetta esclusivamente ai funzionari del Genio Civile o ai loro dipendenti regolare il servizio di piena, impartire ordini e prendere provvedimenti nei casi di pericolo o di rotta. Nessun altro funzionario pubblico può avervi ingerenza, se non richiesto.
Gli ingegneri di sezione del Genio Civile sono autorizzati a richiedere all’autorità politica, direttamente o per mezzo dell’ingegnere capo, la forza armata, quando la reputino necessaria. I funzionari del Genio Civile preposti ai tratti superiori del corso d’acqua devono, col mezzo più pronto e sicuro, dare l’annuncio agli uffici del Genio Civile, e agli Ufficiali Idraulici preposti ai tratti inferiori, della piena formatasi nei tronchi e bacini superiori e dell’andamento di essa.
Appena un corso d’acqua accenna a mettersi in piena, continua il Regolamento, gli Ufficiali ed i Sorveglianti Idraulici vigilano affinché da coloro cui spetta siano chiuse le chiaviche, cioè quelle paratoie sottopassanti l’argine che, aperte in tempi normali, consentono lo scolo nel fiume delle acque provenienti dalle campagne circostanti, secondo l’ordine di precedenza stabilito dall’ingegnere di sezione del Genio Civile.
Arrivate le acque al segno di guardia degli idrometri regolatori, di cui ogni Ufficiale Idraulico ha l’elenco e l’ubicazione in una apposita carta idrografica con segnati altresì gli schemi delle arginature, le quote dei terreni, le località le opere e i manufatti idraulici, gli attraversamenti, gli appostamenti, eccetera, viene attivato il servizio delle guardie, o servizio di piena, dopo essere stati informati i Comuni interessati e le Autorità governative competenti sul territorio. Setta comunque all’ingegnere capo la discrezionalità di ritardare l’attivazione del servizio, qualora le notizie da monte indicano una piena non pericolosa.
Con l’attivazione del servizio inizia immediatamente il giro delle ronde. Ogni ronda è composta di due uomini, ciascuno provvisto degli attrezzi necessari; uno dei due uomini percorre la sommità dell’argine e l’altro cammina ai piedi dell’arginatura, perlustrando continuamente e attentamente il corpo arginale e la campagna circostante.
Quando le ronde scoprono segni di dilamazioni (smottamenti) di sponde, trapelamenti, minacce di trabocchi o sormonti, avvertono subito l’Ufficiale Idraulico o l’Ingegnere di Sezione, provvedendo alle riparazioni più urgenti e informando comunque l’Ufficio del Genio Civile. Se il pericolo aumenta e non è sufficiente il personale tecnico dell’Ufficio, l’ingegnere capo può chiedere l’aiuto dei più vicini uffici compartimentali o del Magistrato alle Acque, assumendo tecnici locali o richiedere l’intervento, con il rito della “somma urgenza”, a imprese di costruzione in precedenza preallertate, oltreché naturalmente, come già ricordato, alle Forze Armate, ai Vigili del Fuoco,, ecc.
In caso di rottura di argini o di inondazione, l’ingegnere capo informa immediatamente i Comuni interessati, il Prefetto e il Ministero, cominciando ad adottare, secondo i piani prestabiliti, i provvedimenti per circoscrivere l’inondazione e per scaricare le acque esondate. E’ facoltà dei funzionari del Genio Civile di ordinare e far eseguire il taglio degli argini di golena, o di far aprire le chiaviche esistenti attraverso gli argini stessi, quando le operazioni stesse siano ritenute necessarie nell’interesse della conservazione degli argini maestri. In ogni caso, aggiunge la norma, tutti sono tenuti a obbedire agli ordini del funzionario del Genio Civile più elevato in grado, che dispone sul luogo i provvedimenti in caso di rotta e d’inondazione. Nessun funzionario civile o militare può sovrapporsi a quelli del Genio Civile per quanto concerne l’esecuzione di tali provvedimenti [Rusconi, 1994].
Bibliografia
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COLLESELLI F., Arginature fluviali e difese spondali: criteri di progetto, problemi idraulici e strutturali, da La difesa idraulica dei territori fortemente antropizzati, U. Maione, A. Brath eds, Editoriale BIOS, Cosenza, (1998).
DA DEPPO, L. DATEI C., SALANDIN P., Sistemazione dei corsi d’acqua, Libreria Internazionale Cortina, Padova, 2002.
DA DEPPO, L. DATEI C., Manuale sulla difesa Dalle esondazioni e sulla chiusura delle rotte arginali, Edizioni Progetto Padova, 2011.
MARZOLO F., Costruzioni Idrauliche. Cedam, Padova 1963.
RUSCONI A., Acqua, conoscenze su risorsa e utilizzo, Editoriale Verde Ambiente, Roma, 1994.
RUSCONI A., Il Magistrato alle Acque e il governo delle acque venete, L’Associazione Idrotecnica Italiana e gli sviluppi dell’idraulica veneta nell’ultimo novantennio. Edizioni Progetto Padova, 2013.
ZANCHI O., Manuale pratico per le opere idraulico-fluviali. Nistri – Lischi Editori, Pisa, 1957.