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Intercettare asteroidi e messaggi alieni, come funzionano i radiotelescopi di Medicina

I radiotelescopi di Medicina, intervista al Dott. Germano Bianchi, ricercatore INAF e tecnico dell’istituto di Radioastronomia di Medicina. La Croce del Nord è la terza antenna più grande del mondo nel suo genere

Quali novità potranno esserci grazie al progetto Next Generation- Croce del Nord?  Il progetto è molto ambizioso e ha un duplice obiettivo

«Creare una rete di sensori nazionali per le osservazioni degli FRB (Fast Radio Burst o lampi radio veloci), un fenomeno astrofisico scoperto solo qualche anno fa e di cui ancora si conosce poco, quindi c’è un grande interesse da parte della comunità scientifica internazionale. A tale scopo, il progetto NG-Croce prevede la ristrutturazione e la messa in piena operatività della Croce del Nord, il primo radiotelescopio italiano e ancora uno dei più grandi al mondo nel suo genere, l’aggiornamento della parabola da 32 metri di diametro di Noto (SR), sulla quale verranno installati nuovi ricevitori per ampliare le frequenze osservative e infine il supporto allo sviluppo del radiotelescopio canadese Chord, che ha permesso l’avvio di una collaborazione scientifica internazionale importante nella ricerca degli FRB.» 

«Ampliare la rete di sensori europea EUSST (European Space Surveillance and Tracking) per il monitoraggio di oggetti orbitanti e per la mitigazione del rischio di collisioni in orbita o rientri di grandi oggetti incontrollati. In questo caso, oltre all’utilizzo delle antenne sopra descritte, è in progetto anche la costruzione di una nuova antenna trasmittente, per irradiare i detriti spaziali e riceverne l’eco radio con l’antenna medicinese “Croce del Nord”, aumentando le performance osservative fino a rilevare oggetti di 1cm ad altezza di 1000km da Terra. Inoltre l’utilizzo della parabola di Noto, vista la sua posizione più a sud d’Europa, permetterà alla rete di sorveglianza europea di avere un sensore in posizione strategica, capace di monitorare oggetti ad elevazioni basse, quasi equatoriali.»       

Come procede il progetto ‘A Sign in Space’ e quali sono le aspettative future?

«Il progetto ‘A Sign in Space’ ci ha dato la possibilità, per la prima volta, di sperimentare l’assetto internazionale e le procedure di monitoraggio di segnali artificiali che arrivano dallo spazio utilizzando un segnale reale, anche se di una sonda terrestre in orbita attorno a Marte. Abbiamo potuto verificare l’architettura SETI (Search for ExtraTerrestrial Intelligence), dal ricevimento del segnale da parte delle varie antenne sulla Terra, alla fase di distribuzione del dato alla comunità scientifica, fino all’analisi del contenuto stesso. Tutto è andato secondo le procedure previste e il risultato di questo esperimento è stato ottimo. Siamo quindi pronti a ricevere un segnale da una civiltà extra terrestre e speriamo che prima o poi venga trasmesso da una qualche forma di vita intelligente nello spazio.»

Qualora venga individuato un messaggio alieno come si procederebbe?

«Si procederebbe esattamente come è stato fatto nel progetto ‘A Sign in Space’. Se un radiotelescopio ricevesse un segnale artificiale, dovrebbe comunicare la posizione di provenienza di tale segnale anche agli altri radiotelescopi coinvolti nel SETI che, a loro volta, si dovranno mettere in “ascolto”. I dati acquisiti dai vari radiotelescopi verranno distribuiti ed elaborati dai ricercatori, attraverso software di analisi specifici che sono stati pensati per questo tipo di attività. Un segnale artificiale ha caratteristiche diverse da un segnale di origine naturale, quindi i due segnali sono perfettamente distinguibili. In particolare i segnali artificiali possono contenere anche una sola frequenza, come succede per le trasmissioni radio e televisive terrestri, mentre i segnali naturali hanno un contenuto di frequenze più ampio. Mi spiego con un esempio molto semplice, considerando i tasti di un pianoforte: il segnale artificiale sarebbe una sola nota emessa premendo un solo tasto, mentre un segnale naturale sarebbe composto da più note assieme, generato dalla pressione contemporanea di più tasti del pianoforte.»    

E’ per caso possibile che altri tipi di civiltà siano “Invisibili” da radiotelescopi?

«Si, certamente, con  i radiotelescopi andiamo ad “osservare” solo una banda limitata dell’intero spettro elettromagnetico. Se ET emettesse, per esempio, raggi X al posto di onde radio, i radiotelescopi non riuscirebbero a vederlo. Siccome però sulla Terra la tecnologia più semplice e meno costosa per comunicare sono le onde radio, pensiamo che anche altri essere intelligenti usino gli stessi nostri apparati comunicativi.»   

Quanti sono nel mondo e in Italia i radiotelescopi delle dimensioni e potenza di quello di Medicina?

«La Croce del Nord è una antenna di transito, cioè sfrutta la rotazione terrestre per vedere transitare sopra il suo “occhio” le radiosorgenti, nel loro moto apparente in cielo da est verso ovest. Fu inaugurata nel 1964 (ad ottobre festeggeremo i 60 anni) con lo scopo di creare mappe radio del cielo. Ha un’area totale di circa 30.000 metri quadrati (6 campi da calcio per dare una idea delle dimensioni) ed è una delle più grandi al mondo nel suo genere, credo la terza in ordine di grandezza. L’Istituto Nazionale di Astrofisica ha altri tre radiotelescopi in Italia, tutti e tre ad inseguimento, cioè a differenza della Croce del Nord si possono muovere ed seguire le radiosorgenti nel loro moto apparente in cielo. La più grande di questi dischi parabolici, con un diametro di 64 metri, si trova in Sardegna e si chiama SRT (Sardinia Radio Telescope). Poi abbiamo altre due parabole gemelle, ognuna da 32 metri, una a Medicina, vicino alla Croce del Nord e l’altra a Noto, in provincia di Siracusa.»

L’importanza di intercettare gli asteroidi: in cosa consiste questa operazione? E’ possibile che talvolta, alcuni di essi , riescano a non essere intercettati ?

«Ovviamente il monitoraggio degli asteroidi è importantissimo, considerando che un impatto con la Terra potrebbe anche portare a conseguenze devastanti. Gli asteroidi vengono scoperti grazie ai telescopi ottici, che vanno a distinguere, nelle immagini del cielo che vengono scattate in sequenza, puntini luminosi che si muovono in maniera differente rispetto alle stelle circostanti. Poi solo in un secondo momento e in caso di avvicinamento pericoloso alla Terra, entrano i funzione anche i radar. Questi apparati emettono un’onda radio verso l’asteroide, il quale la riflette e la rimanda verso la Terra. Una volta ricevuto l’eco radio riflesso dall’asteroide, siamo in grado di capire la distanza tra l’asteroide e noi (misurando il ritardo tra l’onda emessa e quella ricevuta) e anche la velocità (misurando la variazione di frequenza tra il segnale emesso e quello ricevuto, il cosiddetto effetto doppler). Si parla di radar monostatici se l’antenna che trasmette l’onda radio è la stessa che la riceve, mentre si parla di radar bistatici se si hanno due antenne distinte per la trasmissione e la ricezione. In questo secondo caso, i radiotelescopi possono essere utilizzati come antenne riceventi e grazie alle loro grandi dimensioni, forniscono una enorme sensibilità, che si traduce nella capacità di monitorare oggetti molto piccoli a grandi distanze. Logico che oggetti molto piccoli possono scappare e non essere visti, ma in questo caso, la nostra atmosfera riuscirebbe a bruciare questi sassi prima che riescano a cadere sulla Terra.»

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