Coniale (Firenzuola). Quello posto tra Cà Maggiore e Scheggianico, in località Coniale, è un ponte che secoli fa svolse un importante ruolo per la viabilità tra Toscana e Romagna. Si tratta di uno dei gioielli dimenticati della Valle del Santerno. Un vero e proprio monumento all’aria aperta, eretto a fine ‘700. Che ebbe una nascita travagliata. Oggi, privo di indicazioni che ne indichino la presenza, versa da tempo in condizioni che destano grande preoccupazione. Ormai privo di parapetti, avvolto tra la vegetazione che ne ostruisce il passaggio. La corrente ha scalzato la base di uno dei pilastri e le argille che sorreggono il ponte stanno venendo meno mettendo in pericolo tutta la struttura. L’arco centrale della campata più ampia, si è assottigliato pericolosamente. E l’antico selciato, un sentiero di erba dove sono cresciuti alberi, presenta radici che spuntano tra le pietre: una condizione che mette ulteriormente a repentaglio la stabilità dell’opera. Da anni, come in molte cose, le promesse per un suo ripristino avvengono di tanto in tanto, magari durante le campagne elettorali. Tutte puntualmente disattese. La realtà è che, questo antico ponte settecentesco, versa oggi ancora in uno stato di pericolosa incuria.
LA STORIA
Da lì passava la vecchia strada Montanara, che all’epoca passava tra i crinali e non sulla Valle come oggi. Era una fondamentale arteria per il commercio, che tagliava gli aspri Appennini. Tra gli attraversamenti più impervi vi era proprio quello sul Diaterna, all’epoca corso d’acqua ben più largo e impetuoso. Crearne un passaggio divenne così una sfida fondamentale per favorire il traffico dei commercianti, ma anche per non mettere a rischio il futuro della vita religiosa nella Pieve di Cà Maggiore. Nel 1785, su diretto interessamento di sua maestà il Granduca di Toscana, giungono sul posto gli ingegneri della Corte Reale, dopo le incalzanti richieste avanzate dal Pievano di Cà Maggiore.
Nel luglio 1785 cominciano i lavori del ponte, per l’epoca mastodontici. Si tratta di tre campate, due più piccole e una più ampia per poter scavalcare il corso del Diaterna. I lavori procedono spediti ma nel febbraio del 1786 avviene il dramma: una furiosa piena scende sul Diaterna e si porta il via il neonato ponte. L’altro ponte, richiesto dal Pievano di Cà Maggiore per collegare la chiesa è quello che ancora oggi si può percorrere in auto per raggiungere la pieve.
Pochi mesi dopo avviene il secondo colpo di scena: Granducato e Pieve riescono a redigere un nuovo progetto agli ingegneri del Regno, spostando il ponte più a valle rispetto al punto in cui vide la luce la prima volta. I lavori si rimettono in moto e già nel 1787 il cantiere viene ultimato. Il ponte appare più massiccio e sicuro. Un’opera ingegneristicamente avanzata per l’epoca, che resisterà per secoli alla furia delle piene. Ma non all’abbandono e all’incuria dell’uomo.
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