Alessandro Baricco, sulla mappa di Leonardo per Imola in “Barnum” con il titolo “In volo con Leonardo da Vinci”.
“Nel lontano 1502 Leonardo da Vinci decise di passare da Imola, più o meno in questa stagione. La prima cosa che incontrò furono soldati dappertutto e un casino d’inferno, per via di Cesare Borgia che si era messo in testa si intascarsi con la forza l’Emilia Romagna e forse perfino Firenze. Appena arrivato si mise subito al lavoro e trasse lo schizzo di una gru e quello di una mitraglia. Si fece sedurre da un progetto, quello di disegnare la pianta di Imola. Decise che quel che voleva fare era una veduta aerea della città, una pianta esatta realizzata come una fotografia da un aeroplano o da un drone.”
“Con un colpo d’occhio perfettamente ortogonale alla superficie della terra.
All’aeroplano “forse” non c’era ancora arrivato, al drone pure, alla fotografia nemmeno. Ma era un dettaglio: lui, lassù, a fotografare già c’era “con la testa”.
Adesso quella pianta di Imola fa parte del fondo Windsor, e cioè appartiene alla Regina d’Inghilterra. Però, fino al 9 gennaio 1995 la si è potuta vedere a Imola, dove l’hanno portata insieme alle altre reliquie leonardesche.
Non si è sicuri di come sia riuscito a farla. Ma una delle due ipotesi più fondate è commovente: si è fatto tutta la città contando i passi e misurando gli angoli: e alla fine ha preso tutti quei numeri e li ha convertiti nello sguardo di un’aquila di passaggio. Il fatto è che io me lo vedo camminare rasente i muri, e scavalca pozzanghere e merde di cavallo, sempre a testa bassa, contando. E poi annotando.
E poi passando all’isolato successivo, e la gente, intorno, a pensare ma guarda ‘sto pazzo. E alla fine, nel suo studiolo, con inchiostro e acquerelli, compiere con divina naturalezza uno sforzo titanico e mettere su carte l’immagine che quei numeri erano, sì, ma solo allo sguardo di un aereo, o di Dio. E non riesco a non pensare che questo sarebbe davvero bello, e salvifico, saper fare mappe del genere, ma non di Imola, della vita: misurare passo dopo passo quel che ti succede e poi riuscire a decollare guardando da lassù, saper numerare gli istanti ma anche vedere gli anni, riuscire a camminare e volare, vivere e capire, simultaneamente. E se guardo quella pianta, la trovo a modo suo struggente, perché forse non è esattamente Imola, ma è esattamente ciò di cui non c’è stato concesso d’esser capaci.
Il che difficilmente sarebbe venuto a galla se quella pianta, va detto, non fosse, in quanto disegno puro e semplice, bellissima. Quasi trasparente nei suoi gialli e azzurri delicati, chiusa in un cerchio che la ritaglia via dalla carta e dal mondo tutto, sogno in una bolla, visione sotto vetro. Le case segnate una ad una, i profili più scuri, le piazze macchie chiare, di luce, il canale azzurro che gira attorno alle mura, i prati intorno, le strade che se ne vanno dalla città, bucano la circonferenza della bolla. Un’icona. In basso, fuori dalle mura, volteggia grande, il fiume. Il cartografo si è fermato, sazio, forse d’esattezza. E ha lasciato fare al pittore. Fiume come fumo azzurro che va per le campagne. Come capelli di qualche fata turchina passata da lì. Ancora più trasparente del resto. Dopo un po’ che lo guardi ti sorprendi col dito sopra, a toccarlo: e quel che ti aspetti è che, minimo minimo, sia di seta.
Nel catalogo, no: ma secondo me nell’originale, a Imola, se tocchi il fiume, quel che senti è seta.
(A.BARICCO –
Ripensando alla mappa di Leonardo per la città di Imola
Per: Lynn Carver. Fili – Castelfranco V.to (TV), Antiruggine, 1 dicembre ‘08 – 17 febbraio ‘09