ERA IL 2006 QUANDO INIZIARONO I LAVORI PER LA COSTRUZIONE DELL’ASSE ATTREZZATO. DOPO UN ANNO IL CANTIERE VENNE SOSPESO DOPO UNA INCREDIBILE VITTORIA DEI CITTADINI AL TAR DI BOLOGNA: MA COMUNE, PROVINCIA E CESI, RIUSCIRONO A RIBALTARE LA SENTENZA AL CONSIGLIO DI STATO. SENTENZA PIU UNICA CHE RARA.
Imola. È il 2006 quando la prima ruspa entra nel cantiere dell’allora nascente Via della Cooperazione. Una storia caratterizzata da bracci di ferro e rimpalli. La più grande opera pubblica imolese protagonista del dibattito cittadino degli ultimi 15 anni, torna di grande attualità. È presto per dire quanto verrà affrontato lunedì sera alla Tozzona sebbene pare si parlerà anche di un ipotetico ritocco al progetto iniziale, ipotizziamo, funzionale a concludere positivamente la realizzazione dell’ultimo tratto di asse attrezzato.
La vicenda della Bretella imolese costituisce un unicum nella battaglia tra ambientalisti ed enti locali. Una battaglia alla “Davide contro Golia” che nel lontano 2007 vide addirittura i cittadini vincere il ricorso al TAR contro Comune di Imola, CESI e addirittura Provincia di Bologna.
WWF e altri imolesi chiedevano una cosa molto semplice, ovvero che l’opera venisse realizzata seguendo le prescrizioni della Valutazione di Impatto Ambientale: occorreva dunque rifare completamente il progetto a mò di “bretellina”. Ossia, un’unica corsia per senso di marcia, intersezioni di strade del resto della rete su un livello unico e non sfalsate su due piani oltre che a raso, cioè non in trincea. Inoltre, con gli scarichi delle acque meteoriche nella fognatura esistente e non nei terreni a fianco del Centro Leonardo, col rischio di andare in falda.
Tutto ciò portò a un pronunciamento del TAR di Bologna che, come molti ricorderanno, vide “DAVIDE”( i ricorrenti) vincere su GOLIA (enti locali). Succede che l’opera rimane ferma per tre mesi, con le imprese ferme in cantiere a scalpitare per l’inaspettata interruzione.
Nonostante all’esterno del cantiere giganteggiassero i grandi cartelli della CESI (che piu tardi purtroppo fallirà), a fare il movimento terra si palesò una strana azienda costituitasi poco prima a Napoli, da giovani e donne, tutti incensurati. Una realtà che in due-tre anni, nei pochissimi anni di attività svolti prima di ottenere il subappalto da Cesi, riuscì a collezionare un invidiabile assortimento di subappalti, oltre che mostrare un impero di mezzi d’opera da far invidia alle grandi aziende.
Nel frattempo Provincia, Comune e CESI ricorrono al Consiglio di Stato. E qui avviene il secondo colpo di scena. Praticamente, per la prima volta nella storia della Repubblica, il Consiglio di Stato disattende, con la sua pronuncia, le prescrizioni emesse dall’autorità amministrativa sull’esecuzione dell’opera. Via libera dunque al cantiere. E nel frattempo, la “Valutazione di Impatto Ambientale” era anche scaduta di validità (5 anni) e i lavoro potevano dunque riprendere.
Una strada già costata 18 milioni di euro (senza contare i lavori in via Salvo d’Acquisto per la rotatoria scatolare, 2,3 milioni di euro circa l’importo del contratto in origine)
Se a questo aggiungiamo l’imminente arrivo delle risorse di autostrade che serviranno per completare l’ultimo tratto, ovvero 13 milioni di euro, si presuppone complessivamente una spesa di almeno 31 milioni di euro. Praticamente più di 12.000 euro ogni metro d’asfalto, per un totale di circa due chilometri e mezzo di strada.
Ma attenzione, occorre considerare anche il costo non certo modico (alcuni milioni di euro) per lavori assegnati a CESI dal CONAMI per rifare il pezzo di fognatura dalla Bretella fino al Santerno, in un’opera “microtunneling”, sotto strade ed edifici. Denari finiti a bilancio CONAMI ma che comunque sono stati necessari per completare il primo stralcio di asse attrezzato.