Oggi si sta discutendo di scelte urbanistiche del quartiere Pedagna forse non troppo lungimiranti per quanto riguarda non l’oggi, ma decisioni risalenti agli anni scorsi che hanno modificato il modo in cui sta avvenendo l’espansione del quartiere, dettate forse troppo dal desiderio di costruire nel presente senza tenere conto dell’impatto urbanistico del futuro. Tutto ciò, a detta degli esperti, non era accaduto nel primo ventennio di storia del quartiere: 1980-2000.
Oggi, ci troviamo a fare i conti con un puzzle urbanistico – basti pensare alle volontà di costruire una tensostruttura con spogliatoi nella “strettoia” tra la scuola e il campo da baseball nei pressi della Tozzona o 2, la famosa strada in Via Lennon. Il tema è: per quale motivo venne costruita una zona sportiva in via Marie Curie se oggi si pensano nuove edificazioni sportive nei pressi del Cs La Tozzona?
Uno dei giri di boa che ha in parte contribuito alle scelte di oggi potrebbe essere la Variante 2 al RUE, entrata in vigore nel gennaio 2018. Interessante la relazione di ARPAE, datata 9 febbraio 2017, in merito all’adozione della stessa.
“Gli interventi elencati si riferiscono tutti alla stessa zona residenziale della Pedagna, che risulta ad oggi molto appetibile e commercialmente conveniente. Pertanto si osserva una numerosità di richieste che avrebbero dovuto essere esaminata come una unica modifica per valutarne la sostenibilità; viceversa ogni richiesta è stata “valutata” singolarmente come se non ci fosse relazione tra le abitazioni dello stesso quartiere.” – scrisse ARPAE (continua) – “Si ritiene che una attuazione generalizzata, senza valutazioni ambientali d’insieme, possa portare a risultati non desiderati che potrebbero rendere il quartiere meno gradevole e fruibile, tanto per gli attuali residenti quanto per i nuovi.”
“In un caso come questo, di densificazione di un quartiere residenziale, lo strumento migliore per progettare e valutare l’intera trasformazione è il POC al quale sarebbe opportuno ricorrere.” – facevano sapere –“Preme anzitutto sottolineare che una variante al RUE formata da 50 interventi tra loro non connessi, di rilevanza e dimensione non confrontabili, scaturiti dalle richieste di singoli cittadini e imprenditori operanti sul territorio, comporta la perdita di quella visione d’insieme che dovrebbe essere tipica di strumenti di pianificazione capaci di guardare il territorio nel suo complesso. Una variante, attraverso l’insieme degli interventi che propone, dovrebbe essere in grado di mantenere il senso complessivo ed essere contraddistinta da un intento chiaramente riconoscibile in relazione agli obiettivi di sostenibilità territoriale e ambientale.”
“La variante al RUE di Imola non viene rappresentata come una modifica della visione complessiva del territorio” – continua lo studio – “ma come collocazione di una serie di richieste puntuali, alcune anche in deroga alle norme vigenti.”
“La VALSAT della variante, che dovrebbe valutare il miglioramento o quantomeno il non peggioramento della sostenibilità complessiva rispetto al RUE vigente” – osservano – “è costituita da un insieme di documenti molto disomogenei tra loro, relativi a singoli interventi, non giungendo mai ad una valutazione complessiva nonchè cumulativa degli effetti. Pertanto non è di fatto possibile esprimere una valutazione di sostenibilità della variante, ma soltanto una valutazione puntuale di accettabilità dei singoli interventi soggetti a VALSAT rispetto alla normativa vigente e ai principi generali della sostenibilità.”