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“IL FIORE DI LISBONA”

QUI LA 1a PARTE DEL RACCONTO

25 aprile 1974, ore 3,31

Il Capitano Salgueiro Maia era di fronte alle file dei soldati della Escola Prática de
Cavalaria. Tutti attendevano le sue parole perché era ormai chiaro che un annuncio
importante dovesse essere fatto. Dopo un paio di minuti, sembrati a tutti un tempo
infinito, Maia iniziò a parlare: <<tutti noi sappiamo che esistono diversi tipi di stato:
gli stati liberali, gli stati socialdemocratici, gli stati socialisti, ecc…Ma nessuno di loro
è peggiore del nostro stato>>.
Nessuno è peggiore del nostro stato. Aveva proprio detto quelle parole.
Eduardo guardò Fernado che si trovava al suo fianco. Anche il suo amico, veterano
di tante battaglie in Africa, sembrava sopreso e colpito.
Anche i loro commilitoni sembravano spaesati.
Ma cosa stava succedendo? Il cuore di Eduardo cominciò battare forte. Poi Maia
riprese a parlare.
<<Chi vuole venire con me a farla finita con questa dittatura? Basta con la guerra e
viva la democrazia!>>.
Dopo una iniziale esitazione, un coro di approvazione, come se finalmente
qualcosa avesse permesso a quelle voci, fino a quel momento silenziose, di
liberarsi,
Anche Eduardo si accorse di avere urlato con forza e di avere alzato le braccia.
<<E ora andiamo a Lisbona!>> urlò il Capitano Maia.
Tutto si era svolto in così poco tempo e quasi non sembrava vero che quel reparto
di militari si stesse apprestando a partecipare a un colpo di stato contro un regime
durato quasi cinquant’anni. Eppure era così.
Eduardo si sentiva felice, dopo tanto tempo.

25 aprile 1974, ore 4,29
<<La fanteria ha occupato l’aeroporto>> disse Vitor Manuel Rodrigues Alves quasi
per rassicurare se stesso.
<<Fino ad ora il piano sta funzionando. Controlliamo già, oltre alla radio nazionale,
le infrastrutture più importanti.>> aggiunse Vasco Correia Lourenço.
<<Non abbiamo ancora vinto e lo sapete. Ci sono ancora troppe incognite,
raffreddate l’entusiamo>> continuò Vitor Manuel Rodrigues Alves, l’uomo si
confermava il più equilibrato e realista nei giudizi. Nel quartier generale del
Movimento delle forze armate regnava ancora molta tensione.
Otelo Saraiva de Carvalho restò in silenzio. Le truppe comandate dal colonnello
Maia dovevano ancora prendere posizione nel centro di Lisbona e il governo
poteva ancora organizzare la controffensiva. La Marina aveva assicurato la propria
neutralità. Ma l’aviazione? Cosa avrebbero fatto nessuno lo poteva sapere
realmente. E di ufficiali fedeli al regime di Caetano ce n’erano ancora molti.

25 aprile 1974, ore 4,53
Marcelo Caetano chiamò il ministro della difesa.

<<Ministro, la situazione rischia di sfuggire di mano. Quali sono le misure che
intende adottare per schiacciare questi ribelli?>>.
<<Presidente del Consiglio, la situazione è gestibile. Provvederemo
immediatamente a difendere Terreiro do Paço con l’invio di truppe>> rispose il
Ministro. Il Presidente del Consiglio percepì una leggera incrinazione nella voce del
suo Ministro.
<<Non può commettere errori, ne risponderà personalmente>>.
<<Certamente, Presidente>>.

25 aprile 1974, ore 5,45

Il Terreiro do Paço era deserto. I mezzi del reparto occuparono con facilità la
piazza, posizionandosi proprio di fronte alla sede dei Ministeri. Eduardo guardò il
Tago. Il fiume sembrava così calmo e Lisbona, ancora addormentata, gli era parsa
così materna e accogliente. Cosa sarebbe accaduto non lo sapeva, ma come gli
altri suoi commilitoni, il giovane soldato si sentiva veramente libero. Era una
sensazione bellissima.
<<Eduardo, non ti preoccupare. Io sono con te>> disse Fernando mentre gli
sorrideva e gli offriva una sigaretta.
<<Sai, quando penso a quello che ci hanno fatto fare in Africa, quando penso a
quei corpi, a quei bambini…>> Fernando si interruppe, la era voce strozzata dalla
commozione.
<<Amico mio, ti prometto che metteremo fine a tutto questo. Questo Paese merita
la democrazia e il popolo sarà con noi>> disse Eduardo fiducioso.
Quell’anno era riuscito a leggere qualche copia di un giornale clandestino di
estrema sinistra e si era seriamente interrogato su cosa significasse diventare
comunista.
<<Quando questo governo di ladri e assassini sarà stato abbattutto, instaureremo il
governo del popolo e tutti avranno ciò di cui hanno bisogno. Basta con questa
povertà, basta analfabetismo, basta ladrocini!>> continuò il giovane soldato.
<<Eduardo, io non so più se credere nelle persone. Ho visto cosa possono fare gli
uomini. Caetano, la Pide, la sua cricca sono dei bastardi. Ma non so se credere che
dopo di loro verrà qualcosa di meglio. In questo mondo c’è troppa cattiveria. E non
ho fiducia nei comunisti, sono uguali a questi fascisti>> lo sguardo di Fernando era
perso nel vuoto. Eduardo pensò che l’amico stesse rivedendo ancora una volta
quei terribili momenti vissuti in Africa.
Poi, d’un tratto, Fernando sembrò ritornare in sé.
<<Eduardo, ti voglio bene>> disse infine.

Lisbona continuava ad essere tranquilla, come una madre che deve rassicurare i
propri figli in un momento difficile.
Grândola, Vila Morena
Terra da fraternidade
O povo é quem mais ordena
Dentro de ti, ó cidade
Dentro de ti, ó cidade
O povo é quem mais ordena
Terra da fraternidade
Grândola, Vila Morena…

25 aprile 2022, ore 16,48, Rua Garrett, Lisbona

<<Minha fofinha, era buono il gelato?>>
<<Certo avozinho, grazie!>> rispose la piccola Teresa mentre si leccava con gusto
le dita sporche di cioccolato .
<<Mi scusi senhor, possiamo disturbarla?>> la voce della sconosciuta che aveva
fissato il nonno interruppe quella deliziosa scena. La donna e l’uomo che fino a un
minuto prima erano seduti a qualche tavolo di distanza ora erano in piedi di fronte
al nonno e a sua nipote. Non sembravano avere cattive intezioni, i loro visi erano
sereni, quasi felici. O almeno così pensò Teresa.

25 aprile 1974, ore 8,49
Quella mattina Celeste si era recata di buonora al lavoro. Al ristorante le avevano
detto però che quel giorno non avrebbero lavorato. Non aveva visto cosa stava
accadendo? Le aveva chiesto il responsabile. In effetti Celeste non aveva capito
cosa stesse succedendo in città; sulla strada per arrivare al ristorante aveva notato
alcune camionette di militari, ma non ci aveva fatto troppo caso. Aveva pensato che
il governo stesse organizzando qualche cosa, magari stavano cercando dei ribelli
comunisti.
<<Tieni Celeste, portati a casa questi mazzi di garofani, ormai non ci servono più>>
le disse il suo responsabile scuotendo la testa deluso.
Celeste non aveva paura dei militari. Quello che temeva era la Pide, la polizia
politica. Suo cugino era stato torturato per giorni e ora non riusciva più a
camminare.
Perché tanta violenza? Celeste amava la vita, il suo profumo, i Pastéis de nata, il
Fado, i fiori. Perché tanto odio?
Celeste voleva che la guerra in Africa terminasse, troppi suoi amici non erano più
tornati.
Perché non si amava la pace?
A Chiado, mentre tornava verso casa, vide anche dei carri armati e allora decise di
chiedere cosa stesse accadendo.

<<Stiamo andando a Carmo per fermare Marcelo Caetano. Questa è una
rivoluzione!>> rispose il soldato che, in cambio dell’informazione, le chiese una
sigaretta.
<<Non ce l’ho. Ma se vuoi posso darti un fiore!>> rispose Celeste prontamente.
Quei soldati coraggiosi volevano buttare giù il governo. Il cuore di Celeste si colmò
improvvisamente di gioia. La guerra sarebbe finita. Basta violenza!
<<Ho molti fiori anche per i tuoi compagni. Metteteli nelle canne dei vostri fucili.
Basta morte! Viva la pace! Viva il Portogallo! Viva la rivoluzione!>> gridò infine.
Così Celeste distribuì i suoi fiori ai soldati che andavano a mandare via Caetano.

25 aprile 1974, ore 10,04
<<Fuoco! Sparate!>>
Il soldato che si trovava dalla mitragliatrice del carro armato non sparò.
<<Ho detto di sparare, bastardo!>> gridò con rabbia il brigadiere Junqueira dos
Reis.
Né i suoi sottufficiali né gli altri soldati spararono.
Di fronte a loro c’era un uomo con le braccia alzate, immobile che attendeva il suo
destino.
Poi la truppa che era venuta per neutralizzare i ribelli si mosse verso il Capitano
Maia per unirsi alla rivoluzione.

25 aprile 1974, ore 11,45
<<Dopo le azioni intraprese oggi all’alba, con l’obiettivo di rovesciare il regime che
da tempo opprime il paese, le forze armate riferiscono che da nord a sud dominano
la situazione e che presto arriverà il momento della liberazione>>.
<<Manuel, vieni a sentire! Alla Radio dicono che le forze armate stanno mandando
via Caetano!>>
<<Non ci credo, Rosa!>>
<<Sì, e non è il primo messaggio! Hai visto i carri armati in strada? Io vado a
vedere. Vieni anche tu!>>.
Le strade di Lisbona avevano cominciato a riempirsi di una folla immensa. Nessuno
sembrava più avere paura, né della Pide né di Caetano.

25 aprile 1974, ore 14,58
<<Il Capitano Maia ci invia a rinforzo delle truppe che andranno a circondare la
sede della Pide e ci chiede di tenerlo informato su quanto accade là, Eduardo>>
disse Fernando.
<<Il nostro reparto? Dove andrà?>> chiese il giovane Eduardo.
<<Sarà davanti al quartier generale della GNR, a Largo do Carmo. Sembra che
Caetano si sia rifugiato là. E ora andiamo>> concluse Fernando.
I due soldati si avviarono verso la sede della famigerata polizia politica. Le strade di
Lisbona si erano riempite di una folla immensa ed era diventato quasi impossibile

spostarsi velocemente tra quella moltitudine festante. La notizia che le Forze
armate, o almeno buona parte di esse, stava rovesciando il regime si era diffusa in
fretta già durante la mattinata.
Quando arrivarono presso il palazzo dove aveva sede la Pide, trovarono centinaia
di cittadini che stavano urlando a quegli aguzzini di uscire.
<<Codardi, uscite ora!>>.
<<Libertà, democrazia!>>.
Quelle centinaia di voci, rimaste silenziose per troppo tempo, ora erano come un
fiume in piena che nessuna forza avrebbe potuto fermare.
<<Codardi!>>.
Dalle finestre del palazzo si potevano vedere i poliziotti terrorizzati, per la prima
volta nella loro vita, guardare quella folla di cittadini assetata di libertà.
Poi una canna di un mitragliatore spuntò da una di quelle finestre.
25 aprile 1974, ore 15,27
<<Presidente, possiamo ancora contrastare efficacemente la rivolta. Ho notizie di
reparti della Marina e dell’Aviazione fedeli che potrebbero intervenire presto. Non
dobbiamo arrenderci>> l’espressione del viso del Ministro ne tradiva però il
nervosismo.
<<Ma che programma politico hanno i rivoltosi? Sono comunisti?>> l’uomo
pronunciò quelle parole come se fossero una attaccata all’altra, rendendo quasi
impossibile comprendere la domanda.
Caetano, che fino a quel momento era rimasto seduto alla scrivania dell’ufficio dove
si erano rifugiati senza proferire quasi parola, come se tutto ciò non lo riguardasse
direttamente, si alzò improvvisamente per cominciare a camminare lentamente
attorno al tavolo.
<<Presidente cosa intende fare?>> chiese con voce disperata il Ministro.
<<Presidente…>>.

25 aprile 2022, ore 17
<<Mi chiamo Rosa>> disse la donna che aveva fissato il nonno di Teresa.
<<E io sono Manuel>> aggiunse l’uomo.
Il nonno di Teresa li guardò incuriosito; probabilmente non li conosceva o non
ricordava nulla riguardo a quelle persone.
<<Nonno che succede?>> chiese la piccola Teresa leccandosi le dita ancora
sporche di gelato.
<<Ci conosciamo?>> rispose il nonno rivolgendosi alla donna.
<<Io credo di sì. È sicuro di non ricordarsi di me? È passato tanto tempo, ma io non
ho dimenticato>> affermò con molta sicurezza quella signora. La donna doveva
avere una settantina d’anni, come l’uomo che l’accompagnava, anche se ne
dimostrava qualcuno in meno. Portava un vestito dai colori molto sgargianti, rosso
e verde, come i colori del Portogallo e si notava che curava molto l’acconciatura dei
capelli, ancora di un colore castano scuro.
Il nonno di Teresa guardò con maggiorr attenzione la donna.

<<Eduardo, io mi ricordo di te. Mi ricordo di quel giorno e mi ricordo che mi salvasti
la vita>> disse infine Rosa.
Teresa sgranò i piccoli occhi neri e cominciò ad interessarsi di più a quella
misteriosa donna che non alle sue dita dal sapore di cioccolato.

25 aprile 1974, ore 16,14
Il rumore delle armi che sparavano sulla folla inerme prevalse su tutto. Non si
sentiva più null’altro, nemmeno le grida di dolore dei feriti rimasti a terra.
Fernando ed Eduardo corsero subito a riparasi dietro una delle camionette
dell’esercito.
La scena era terribile, donne e uomini che correvano da ogni lato e che gridavano
per la paura. C’erano anche dei bambini in quella piazza, ma quei bastardi della
Pide avevano comunque deciso di sparare contro tutti; il loro ultimo saluto al
Portogallo prima di sparire nella melma della storia.
<<Fernando, dobbiamo fare qualcosa>> gridò Eduardo sconvolto da quella scena.
Poi il giovane soldato si alzò e cominciò a correre verso le persone a terra, rimaste
sotto il fuoco della polizia politica.
Una ragazza era caduta a pochi metri di distanza rischiando seriamente di
prendersi una raffica di mitragliatrice.
<<Forza, vieni con me!>> le disse Eduardo mentre la prendeva quasi di peso e la
trascinava dietro la camionetta dove si trovava ancora Fernando.
La ragazza, di una ventina d’anni, aveva lunghi capelli castano scuri e una gonna
rossa che quasi nascondeva il sangue che le scorreva lungo la gamba sinistra.
<<Non ti preoccupare, è solo una ferita di striscio>> la rassicurò Fernando dopo
avere verificato.
Nel frattempo le raffiche di mitra erano terminate.
<<Grazie>> riuscì a dire la ragazza guardando Eduardo.
<<Come ti chiami?>> le chiese Eduardo.
<<Rosa>> rispose lei.
<<Io sono Eduardo>> disse infine lui con un sorriso.

25 aprile 1974, ore 19,38
<<Codardo!>>.
<<Esci!>>.
<<Democrazia!>>.
La folla in Largo do Carmo si era raccolta attorno al veicolo col quale il Presidente
del Consiglio sarebbe stato portato all’aeroporto. Il Capitano Maia lo avrebbe
scortato come da accordi con il generale Spinola. La dittatura di Caetano era finita.

25 aprile 1972, ore 22,22
<<E’ davvero finita questa volta>> a parlare era stato il sempre prudente Vitor
Manuel Rodrigues Alves.

<<Sì, è finita>> confermò Otelo Saraiva de Carvalho.
Nella sede del Movimento delle Forze Armate si udirono finalmente urla di gioia.

25 aprile 2022, ore 17,12
<<Rosa, sei tu?>> il nonno di Teresa sembrò infine riconoscere la donna.
<<Sì, Eduardo. Sono io>>.
La ragazza che il giovane soldato Eduardo aveva salvato quel giorno di quasi
cinquant’anni prima era là davanti a lui.
<<Nonno Eduardo, tutto bene?>> la piccola Teresa capiva che qualcosa di
importante stava avvenendo e che suo nonno sembrava commosso.
<<Sì, minha fofinha, va tutto bene>>.
<<Per tutto questo tempo ho pensato a quel giovane soldato che mi aveva salvato
la vita e di cui conoscevo solo il nome. Il suo viso non l’ho mai dimenticato e, anche
se è passato tanto tempo e siamo invecchiati, ti ho finalmente ritrovato>>.
Eduardo si asciugò una lacrima.
Teresa capì che però suo nonno stava piangendo di gioia.
Quel 25 aprile Lisbona sembrava ancora più bella e le sue bianche strade
celebravano la gioia di vivere di tutti coloro che amavano la libertà.

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