La pandemia ci ha trovati impreparati a livello sanitario e organizzativo, ma
ha anche accelerato a livello mondiale processi già in atto portando nuovi
problemi da affrontare, ma anche nuove opportunità. Per il settore agricolo
gli effetti pandemici si sono sentiti maggiormente su specifici settori di
attività: agriturismi, aziende vitivinicole, piccoli birrifici, ma hanno acuito
ancora di più i cronici problemi che, inutilmente, si cerca di
risolvere/contenere da anni: lo scarso reddito, la gestione dei danni da
calamità naturali sempre più ripetute e violente, come contrastare le
invasioni di organismi alieni, la mancanza di manodopera qualificata e non,
la burocrazia sempre più invasiva, un ricambio generazionale che stenta a
prendere vigore, la necessità di ricercare nuove colture.
Per noi, però, il vero problema che sta emergendo sempre di più è la
mancanza di una visione condivisa e di una pianificazione adeguata
alle sfide in atto.
Il sistema Italia ha perso tempo in troppi settori ed ora siamo costretti ad
una folle rincorsa per recuperare il divario che si è creato fra il ns paese e il
resto del mondo.Il settore agricolo, più degli altri , a nostro parere, è di
fronte alla necessità di innovarsi radicale.
Le imprese vengono chiamate ad adottare innovazioni tecnologiche, sociali
ed organizzative, a promuovere i principi della dieta mediterranea e a
rafforzare le relazioni fra i diversi attori delle filiere alimentari. In questo
processo oltre alle imprese sono chiamate a fornire il proprio contributo le
istituzioni di qualsiasi livello e anche tutti gli attori sociali.
Per essere in grado di affrontare questi scenari uno dei punti essenziali è
avere una classe imprenditoriale all’altezza del compito, accompagnata da
una leva di tecnici e dipendenti altamente professionalizzata.
Se guardiamo l’attuale panorama territoriale (ma diremmo anche
nazionale) vediamo che vi è una preponderanza di agricoltori oltre i 60-65 anni, che la manodopera italiana quasi non esiste più, quella estera molte
volte è legata a sistemi al limite della legalità e comunque non è
professionalizzata. Per quanto riguarda i tecnici, provenienti sia dagli istituti
tecnici che dall’Università si riscontra l’annoso problema della distanza fra
formazione scolastica ed esigenze lavorative.
Investire sui sistemi di formazione a 360°, mettendo in relazione
questi con le imprese è un compito essenziale che devono assumersi
le nostre istituzioni locali. A Imola un primo passo è stato compiuto
con la creazione di Officina Digitale. Si tratta ora di confrontarsi ed
iniziare a lavorare, per fare un passo in più, e capire la disponibilità ad
allargare l’esperienza in atto verso il settore agroalimentare.
Registriamo la necessità di iniziare dando risposte coordinate sul tema
della formazione professionale per i nuovi lavoratori agricoli che
devono abbinare alle competenze usuali anche quelle legate
all’introduzione dell’agronica nei processi produttivi in campo e sia
nei processi di lavorazione. Potrebbe dare uno sbocco a quella parte di
popolazione più fragile, donne in particolare e i cosiddetti neet, gli inattivi. I
dati 2020 ci parlano di 160.000 inattivi residenti nella Città Metropolitana di
cui 99.000 nel territorio metropolitano. Il tasso di disoccupazione femminile
pur lontano da quello nazionale che si attesta al 9,2% è comunque in
crescita arrivando al 4,8%.
I prossimi anni ci vedranno di fronte alla necessità di abbinare alla ripresa
economica, sostenibile, anche una crescita, anche qualitativa,
dell’occupazione. L’idea progettuale che proponiamo parte con la
costituzione di un tavolo di lavoro coordinata dalle istituzioni locali,
con imprese private (del settore agroalimentare, ma anche operanti nella
formazione), imprenditori agricoli, cooperative, sindacati agricoli e dei
lavoratori, camera di commercio per iniziare una prima analisi del
nostro territorio, allargato anche alle province confinanti. Scopo
dell’analisi è valutare il mercato del lavoro nel settore agricolo ed
agroalimentare, definirne le tendenze prospettando alcune prime soluzioni
ai bisogni occupazionali. L’analisi deve focalizzarsi anche l’inserimento nel
mondo del lavoro dei periti agrari.
Essenziale quindi per una riuscita dell’analisi avere al tavolo anche lo
Scarabelli.
A livello internazionale, in paesi UE come Ungheria, Slovenia, Bulgaria,
Romania, Belgio, stiamo assistendo ad un massiccio investimento in
vigneti e conseguenti impianti di trasformazione aziendali che devono
metterci in allarme. Si tratta di produzioni che presto avremo come sul
mercato a farci concorrenza. Senza contare che i cambiamenti climatici
fanno sì che se non si investirà in infrastrutture per la raccolta e la
distribuzione irrigua nelle nostre colline la viticoltura di qualità farà
fatica a continuare ad esistere.
Abbiamo di fronte scenari complessi in fortissima evoluzione che
necessitano di un approccio sistemico coordinato e integrato a livello
territoriale partendo dalla costruzione di nuovo “sapere” e “saper fare”.
Le istituzioni e quindi la politica devono avere un ruolo di guida nella
costruzione di nuovi scenari, non possono rimanere solo legati ad una
mera gestione amministrativa, per fare ciò si richiedono anche
professionalità tecniche adeguate al loro interno. L’istituzione locale deve
fare un salto di qualità nell’elaborazione progettuale, l’essere
all’interno della Città Metropolitana e l’avvio del PNRR impongono di
osare per spingersi su nuovi terreni, con metodo, spirito di comunità
e adeguate competenze professionali.
Su questa idea di politica che si intreccia con l’impresa e con la
formazione, Azione è sul campo. Il nostro appello è a scriverci se volete
contribuire su questo progetto. Potete seguirci sulla nostra pagina facebook
ImolainAzione o contattarci su imolainazione@gmail.com”
(Mara Mucci, componente di segreteria regionale di Azione, Antonio di Feo,
referente locale per Imola)