In Spagna, Grecia e Turchia riescono a produrre uva a costi molto minori, di conseguenza sono questi i prodotti che entrano nella filiera. Ad esempio la Spagna ha varie coltivazioni in Marocco, con cui stringe diversi accordi, e di conseguenza la merce riesce ad entrare in UE da Gibiliterra, magari con il cambio dell’etichetta e finire in dove risulta prodotto europeo.
Nonostante il periodo di vendemmia, il costo dell’uva Made in Italy non può abbassarsi ai livelli di quella che proviene dagli altri paesi sopra citati. Diamo un’occhiata ai prezzi: la più bassa che abbiamo rintracciato, di quelle coltivate in Italia è un Uva Bianca a 1,29 KG. “Uva italia filiera qualità” di un noto discount francese, arriva a 1,59 KG.
Andiamo sulla estera: Red Globe sfusa ben 0,98 al KG. La meno cara. Uva bianca da tavola 0,98. Rosata 1,29 KG. Prezzi davvero molto bassi. Si tratta di uva estera prevalentemente in offerta in discount di marchio non italiano.
Negli ultimi anni ha preso piede l’importazione di uva tunisina, tra le meno care in assoluto. Il costo dei dipendenti, non in regola e mal pagati, fa sì che il frutto possa entrare in filiera a costi ridotti all’osso.
Il contrario dell’Italia, dove tra tassazione, contributi, non ci sono ormai sufficienti margini per gli agricoltori.
Senza contare l’aumento delle materie prime, quest’anno lievitato del 20%. Ormai, sul prezzo è impossibile competere. L’unica salvezza sono i punti vendita che valorizzano il prodotto premium, ma ovviamente non basta. L’export italiano rappresenta il 50€ del venduto e per fortuna è in aumento. Si esporta in tutta Europa e anche oltremare. Ci sono ampie possibilità di crescita ad esempio nei ricci Emirati Arabi.
Per fortuna la GDO italiana è particolarmente attenta all’uva made in italy, al contrario di gruppi esteri.
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