Un fatto sconcertante avvenuto a Imola, che nelle ultime ore ha occupato le pagine di cronaca dei maggiori quotidiani nazionali. Come si apprende dai vertici di Polizia del Commissariato di Imola, che nella giornata di venerdì 30 luglio hanno indetto una conferenza stampa per rendere nota la chiusura delle indagini, è avvenuto un grave caso di violenza sessuale in famiglia, sfociato in una gravidanza.
Tutto era cominciato nel gennaio scorso, quando una ragazzina di quindici anni aveva accusato forti dolori al ventre. I sanitari avevano poi scoperto che la quindicenne era incinta di qualche settimana. Il padre, un pachistano regolarmente cittadino nel circondario dal 2009, interpellato sulla questione, aveva immediatamente addossato le colpe ad un cugino, che era venuto a trovare la famiglia a Imola proprio nel periodo del concepimento. Però si era rapidamente escluso, tramite dei riscontri, che il cugino non c’entrava assolutamente nulla con le violenze subite dalla giovane parente.
Intanto, le indagini del reparto imolese di Polizia continuavano silenziosamente, anche se con qualche difficoltà benché l’unico a parlare italiano nella famiglia era proprio il genitore “attenzionato”. Nel frattempo, i sospetti sul padre dell’adolescente continuavano ad aumentare. Di pari passo, gli inquirenti si sono rivolti ad un mediatore culturale che, durante un’audizione protetta con l’adolescente, gli ha aiutati a scoprire che l’autore delle violenze era proprio il padre della vittima, che ora si ritroverà allo stesso tempo padre e nonno della figlia.
Il Gip del Tribunale di Bologna aveva inizialmente disposto soltanto l’allontanamento e il divieto di avvicinamento alla famiglia per il padre orco, ma dopo il ricorso al Tribunale del riesame è stata disposta la custodia cautelare in carcere, anche in virtù dei ripetuti atti di violenza sessuale che la ragazza aveva subito.
L’uomo è attualmente rinchiuso nel carcere della Dozza di Bologna in attesa, forse, di un processo.
A margine della conferenza stampa nel Commissariato di Via Mazzini, gli agenti hanno sottolineato l’importanza di denunciare situazioni simili, e che si può aver accesso a strumenti di tutela. Anche per altri episodi, non per forza non comuni come questo. “La risposta dello Stato è stata nell’interesse della vittima”.